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V E N E Z I A

SOCIETA' di MUTUO SOCCORSO fra CARPENTIERI e CALAFATI

 

"… dal 1867, promuove il mutuo soccorso

e la solidarietà sociale a Venezia …"

 

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San Foca

Patrono dell’Arte dei Calafati

 

La celebrazione della festa in onore di San Foca, santo di origine greca e, a Venezia, antichissimo patrono dell’altrettanto antica Arte dei Calafai de l’Arsenal, è stata riproposta ai soci a partire dal 2008, con l’intenzione di unire al ringraziamento al Santo Patrono anche il ricordo delle socie e dei soci che ci hanno preceduto.

Il programma ufficiale prevede l’omaggio al Patrono unito al suffragio dei soci defunti, il zorno de San Foca, invariabilmente il 5 marzo, giorno ad esso dedicato nell’antico calendario liturgico veneziano, presso la chiesa di San Francesco de Paola con la celebrazione della Santa Messa. A questa segue, presso la Scuola dei Calafai (sede sociale) la distribuzione a tutti i soci presenti del tradizionale cestino contenente “pan, candella et Santo”, secondo l’antichissimo uso che rimase in vigore presso le Scole di mestiere veneziane fino al 1797, anno della caduta della Repubblica di San Marco.

Vita di San Foca Martire

Nonostante l’imperatore Traiano (98-117) sia celebrato dai suoi contemporanei come il fondatore di un’epoca d’oro, il cosiddetto beatissimum saeculum, nondimeno egli si rese responsabile di feroci persecuzioni contro i cristiani, per i quali il carcere si concludeva invariabilmente con il martirio e la morte. L’imperatore si era infatti convinto che il cristianesimo in sé fosse un delitto passibile di morte solo dopo che il cristiano avesse confessato la sua fede e non intendesse ritrattarla.

All’Optimus imperator, che aveva garantito con una saggia legislazione la libertà personale a tutti i cittadini del suo vasto impero, imporre la ritrattazione ai cristiani dovette apparire un utile espediente per cercare di arginare l’impetuosa espansione della nuova religione, anche se i cristiani che venivano imprigionati, con mirabile fermezza, opposero sempre un netto rifiuto all’abiura.

La principale fonte per ricostruire la biografia di San Foca è data dal panegirico pronunciato dal vescovo Asterio di Amasea agli inizi del secolo V, uno scritto che si caratterizza per la concisione e per la rapida sequenza documentaristica.

Foca abitava a Sinope, nel Ponto Eussino, dove visse tra il I e il II secolo; di mestiere faceva l’ortolano ed in città egli era apprezzato e benvoluto da tutti per la sua generosità e ospitalità.

Di queste sue virtù ebbe modo di darne una commovente dimostrazione ai due soldati che, stanchi ed affamati, un giorno si presentarono alla sua porta per chiedere indicazioni in merito ad un cristiano che abitava là intorno e contro il quale era stata pronunciata la condanna a morte. Gli sgherri, che non lo conoscevano di persona, vennero da Foca fatti accomodare in casa, dove egli li pregò di trattenersi a pranzo.

Nel mentre i due si rifocillavano, Foca si spostò nell'orto e scavò la propria fossa; al termine rientrò in casa e dichiarò ai due soldati la propria identità, pregandoli anche di non porre indugi nell'esecuzione della sentenza. La leggenda vuole che egli fosse gettato nella fossa assieme a numerosi serpenti, ma che i rettili si astenessero dal morderlo. Incapaci di cogliere il segno della santità e della divina protezione, i due carnefici lo uccisero alfine con le loro mani.

Il racconto del vescovo Asterio non dice altro. Le differenti testimonianze del culto al martire Foca sviluppatosi nelle isole Cicladi, in Sicilia, nel Ponto Eussino e ad Antiochia, fecero supporre per qualche tempo l'esistenza di quattro diversi santi tutti con lo stesso nome; tuttavia, sulla scorta di nuovi documenti è stata alfine accertata l'autenticità di un unico martire Foca, detto l'Ortolano, le cui reliquie già nel V secolo erano pervenute in varie città dell'Oriente e dell'Occidente e, alla fine del VII secolo, anche a Roma e a Costantinopoli.

Venerato sia nella Chiesa bizantina che in quella latina, San Foca é oggi invocato contro il morso dei serpenti ed è il patrono dei giardinieri, degli agricoltori e dei marinai. Mentre è del tutto comprensibile il patronato sui primi due mestieri, quello svolto a favore anche dei marinai (altrettanto antico) pare derivi dal fatto che alla pluralità e alla distanza dei luoghi in cui egli veniva venerato fu associata ad una sua particolare abilità nello spostarsi velocemente navigando.

Sebbene l’iconografia ufficiale lo ritragga con in mano la palma del martirio e numerosi serpenti avvinghiati attorno alle braccia, a Venezia San Foca è invece raffigurato accostato ad un timone, il simbolo emblematico della nave ma anche la metafora della saldezza della rotta nella fede.

 

 

 

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Nella foto:

Chiesa di San Marco, inizio del braccio sinistro del nartece (entrando dalla porta di Sant’Alipio).

Il mosaico raffigura Sanctus Phocas che tiene stretto fra le braccia un timone da nave.

 

 

 

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